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Quando la regista e scrittrice Monica Mazzitelli è tornata a vivere in Svezia dopo vent’anni in Italia, ha notato quanto l’inglese fosse diventato una lingua parallela anche per la scrittura di romanzi, ed è rimasta sorpresa dell’effetto della comunicazione online sull’intimità.
Sono tornata a vivere in Svezia venticinque anni dopo averci abitato all’inizio degli anni ’90, e ho quindi potuto notare una serie di cambiamenti linguistici che mi sarebbero probabilmente sfuggiti altrimenti. Riguardano tutta la popolazione, ma ovviamente a maggior ragione i giovani, dato che il linguaggio è da sempre il costrutto su cui si cementa l’identità, ciò che conferma l’appartenenza degli individui a un determinato gruppo – diventando quasi un codice segreto per iniziati. Rispetto a trent’anni fa la società svedese è davvero cambiata: internet a banda larga, social media, canali televisivi e musicali (col loro corredo di pubblicità) hanno reso l’offerta praticamente illimitata aprendo possibilità infinite per la fruizione di audiovisivi e musica.Tolte alcune parole o espressioni gergali di moda passeggera che non vale nemmeno la pena elencare, ci sono invece due tendenze generali che è probabile persistano a lungo.
La prima è quella dei prestiti linguistici dall’inglese, il cui utilizzo è cresciuto a dismisura rispetto agli anni ’90. Non è infrequente che ragazzi svedesi madrelingua scelgano di esprimersi sempre e solo in inglese tra loro. Motivano la scelta dicendo di sentirsi più “a proprio agio” con quella lingua piuttosto che con lo svedese. Lo giustificano sostenendo che, poiché i prodotti audiovisivi o letterari che consumano o con cui giocano sono tutti in inglese, è più naturale per loro comunicare in quella lingua. Nel loro fantasioso mondo immaginario, l’inglese è la lingua madre nella quale si sentono a casa; il linguaggio crea una dimensione per iniziati in cui sia l’identità che l’appartenenza sono implicite e cementano i legami. Tipo.
Alcuni giovani autori svedesi di fantasy o fantascienza scrivono direttamente in inglese perché il mercato librario svedese è abbastanza ampio e quindi faticano a trovare un editore. Per alcuni ha funzionato e sono riusciti a pubblicare all’estero: Karin Tidbeck, per esempio. Louise Erixon invece scrive thriller psicologici e sostiene di non essere in grado di esprimersi in svedese con la stessa scioltezza dell’inglese, spiegando che il suo grande amore per la lingua inglese è nato sin da bambina. In una passata edizione dello Stockholm Writers Festival ha presentato un suo romanzo a un’agente letteraria britannica che le ha manifestato il suo interesse, e ora Louise lo sta completando. Vendela Ahlström scrive fantasy in inglese e spiega che ci sono pochissimi libri del suo genere preferito disponibili in svedese. “La libreria di fantascienza di Gamla Stan, specializzata in fantasy, horror e fantascienza, vende quasi esclusivamente libri in inglese dato che la stragrande maggioranza degli svedesi li legge in lingua originale.
Per questo mi rivolgo a un pubblico anglofono quando scrivo.” Questo spiega come mai ci sia così poco interesse da parte degli editori a tradurre questi romanzi in svedese. Ho chiesto spiegazioni a una persona che lavora a Stoccolma per una delle maggiori case editrici e mi ha risposto che probabilmente si tratta di un misto di mancanza di competenze, timore e scarso interesse per il genere, anche se – allo stesso tempo – mi conferma che ogni qualvolta la casa editrice partecipa a incontri dedicati alla scrittura con i ragazzi delle scuole superiori, la stragrande maggioranza di loro afferma di dedicarsi esclusivamente al fantasy. Viene da chiedersi se non ci sia il rischio di perdere una nuova generazione di scrittori svedesi a favore dell’inglese per questo motivo.
In un articolo dal titolo “Non temete l’inglese – ma qualcosa sta succedendo” pubblicato dal quotidiano Svenska Dagbladet, Sara Lövestam esprime la sua preoccupazione: “Per proteggere la lingua svedese devono esser prese misure di natura istituzionale che riguardino le biblioteche scolastiche e le diverse iniziative di lettura, la natura dei compensi per chi scrive in svedese (anche di genere fantastico), la copertura mediatica della letteratura per bambini e ragazzi e altro ancora; ma se parliamo di tenere alto il valore della lingua svedese, sono le singole persone e non le istituzioni a fare la differenza.”
La mia seconda osservazione riguarda la comunicazione via web: nonostante le maggiori opportunità di comunicazione, le statistiche dicono che non esiste una maggiore vicinanza tra gli adolescenti, anzi. L’isolamento e la solitudine aumentano. La possibilità di esprimersi (magari attraverso un video postato su TikTok) si traduce in un monologo, un flusso autobiografico/documentario in cui si afferma costantemente se stessi, e non un dialogo che possa creare vicinanza tra esseri umani. La comunicazione web non crea intimità o conversazioni più profonde di per sé, a meno che usi il linguaggio intenzionalmente allo scopo di aumentare contatto e intimità tra le persone. L’estrema (forse apparente) libertà di scelta quando si tratta di scegliere quale media audiovisivo consumare – sempre pronti a posare il dito sullo schermo per scorrere oltre alla ricerca di qualcosa di più emozionante e soddisfacente – dà un senso di controllo sui contenuti. Una relazione umana più profonda nasce solo ascoltando i desideri dell’altro. La sensazione di poter costantemente assimilare e soddisfare i propri desideri del momento rende molto più frustrante confrontarsi con i desideri e i bisogni di chi ci è vicino.
Ciò si riflette anche a livello sessuale nella pornografia, nella quale non vengono rappresentati né i preliminari né l’esplorazione della conoscenza reciproca che si può raggiungere attraverso il baciarsi. La rappresentazione della sessualità nel porno si connota come uno sfogo ormonale o una masturbazione con il corpo dell’altro basata esclusivamente sull’attrazione fisica, piuttosto che uno spazio per sperimentare l’intimità e imparare a come darsi piacere reciproco.
Un ulteriore cambiamento del linguaggio ha influenzato anche il modo in cui ci relazioniamo con gli altri: la comunicazione non avviene più unicamente con l’ausilio della parola parlata o scritta, ma attraverso immagini che semplificano le emozioni e le stereotipano. L’uso diffuso di emoji e gif ha aperto la possibilità di esprimere emozioni in modo molto semplice e diretto, creando allo stesso tempo un nuovo linguaggio per esprimere i sentimenti. Il fenomeno riguarda la parola scritta e, in una certa misura, persino quella scambiata di persona. La capacità di raccontare sentimenti esprimendo autonarrative complesse si è andata gradualmente riducendo con l’uso degli emoji. Inoltre, le convenzioni comunicative degli emoji hanno persino colonizzato la nostra vita reale quando per esempio imitiamo alcuni emoticons nella nostra comunicazione. Tipo quando mettiamo le mani sulle orecchie e spalanchiamo la bocca a mo dell’iconico dipinto “L’Urlo” di Edvard Munch per mostrare uno stato d’animo tra comico e disperato, o quando incurviamo eccessivamente le labbra per dire “wow”, invece che avventurarci in lunghe descrizioni a parole.
Gli emoji semplificano la trasmissione delle emozioni ma allo stesso tempo le rendono più superficiali. Impieghiamo meno tempo per elaborare i concetti delle nostre emozioni e perdiamo complessità narrativa. Non credo che questo ci aiuti a costruire relazioni umane profonde, piuttosto alimenta la nostra solitudine. Inoltre, si è recentemente osservato che i bambini delle scuole svedesi abituati a scrivere con la tastiera invece che a mano hanno sviluppato una minore capacità di apprendere in modo approfondito i contenuti e a memorizzarli, con conseguenze in termini di sviluppo della loro alfabetizzazione, aspetto che a sua volta influenza il modo in cui gli studenti riescono a concentrarsi sul contenuto di un testo.
Se faccio un paragone con la Svezia che ho conosciuto all’inizio degli anni Novanta, riscontro che la comunicazione di oggi non sia diventata né più profonda né più intima, nonostante il fatto che i sentimenti vengano ora espressi in modo più rumoroso e colorato.
Monica Mazzitelli • 2023-11-15 Monica Mazzitelli är en italiensk-svensk regissör och författare, samt kultur- och samhällsskribent med fokus på feministiska frågor